29 Marzo 2020

29 Marzo 2020

Mi sono chiesta a lungo che tipo di mostro avrei affrontato durante questa quarantena. 

E’ un dato di fatto. Quando non puoi uscire inizi a pensare a tutto. Ma per bene. Senza distrazioni, perché semplicemente non le hai. Pensare a 360 gradi. Valutare tutto, capire come stai cambiando. Se stai evolvendo, se stai andando indietro, se sei  circondato dalle persone giuste, se quello che hai è esattamente quello che vuoi, se ami. Ci sono già passata,  ho già stravolto tutto. 

Ora so usare il silenzio per fare chiarezza.

Sapevo che stavolta il prezzo da pagare non sarebbe cambiato. Fa paura, ma è la vita. Questo mi spaventava della quarantena. Nessuno avrebbe avuto scampo, tutti avrebbero dovuto pagare, pagare per cambiare. Nessuno poteva scegliere. Nessuno poteva dire “non sono pronto”. Lo sei e basta. Come è successo a me. Il mio mostro l’ho gia affrontato, ma non significa che non ce ne siano altri. 

Ed eccoci qui, di nuovo, a mettere in discussione tutto. Io stessa sentivo il bisogno di farlo, ed è vero che non si finisce mai di imparare. Si vede che, nonostante tutto, non era ancora tutto in ordine. 

Quando non hai nulla attorno, inizi ad analizzare i legami che hai, capisci il loro valore, li vedi per come sono in realtà, senza quell’ondata di impegni e di distrazioni che fanno sempre parte di una quotidianità in realtà “fittizia”. Sono foglie secche su qualcosa che non conosce ancora il suo valore. E poi arriva la fatidica domanda: Se tolgo il contorno cosa rimane ? c’è qualcosa dentro ? 

Ci vogliono le palle per aprire la propria scatola. Ma soprattutto per guardarci dentro. E se trovassi il vuoto ? E se in realtà queste cose non mi piacciono come credevo ? e se, spogliato di tutto, nella purezza più vera, non trovassi nulla di speciale ? 

Ognuno di noi, in questo momento, ha un chiodo fisso. Un pensiero costante, che non aveva mai avuto prima. Ma non è poi così estraneo, è esattamente quello che abbiamo sempre lasciato indietro, quello a cui non abbiamo dato peso, quello dietro il quale ci siamo rifugiati per permetterci di continuare a vivere in una bella bugia. 

Non è incoscienza, è protezione. 

La protezione è sempre sopravvivenza. 

La sopravvivenza è adattamento. 

L’adattamento è vita. 

In ogni vita esistente, in ogni vita sana e reale, arriva il giorno in cui tiri le somme. Che tu lo cerca o meno, arriva comunque. Il giorno in cui capisci che adattarti ti sta stretto, che è un vestito che non ti calza come dovrebbe, che in realtà è veramente scomodo. E li, nella confusione, arriva quella domanda. 

“Che cosa voglio io davvero?”

Ho imparato che la solitudine fa paura, fa paura perché è spietata. Non guarda in faccia a nessuno. Non tiene conto dei nostri sentimenti, delle nostre paure, arriva dal nulla e mette tutto in discussione. Io la chiamo “doccia fredda”.  Fredda perché ti rende lucido, fresco, concentrato. Ti permette di vederti da fuori, nelle tue decisioni e nelle tue scelte, come quando lo fai con un amico. E quando un amico ti chiede un parere, tu non gli dici sempre la verità ? Perché quando sei esterna le cose le vedi meglio. Le vedi sotto una luce diversa. 

E’ brutto ma è bello. 

Assurda la vita. 

E’ sempre in evoluzione, sempre beffarda, eclettica, come un ondata che ti porta via.

Non esiste nulla di così affascinante. 

Non esiste nulla di così reale. 

Non esiste nulla di così crudo. 

 

 

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