NUVOLE

NUVOLE

Dite quello he volete ma non è tornato niente alla normalità.
E’ mezzanotte e mi ritrovo, ancora una volta, sul mio sgabello, davanti allo stesso pc, l’unica cosa che mi ha tenuto in contatto con voi negli ultimi 5 mesi. Scrivo mentre non ascolto alcuna traccia. Credo non sia mai successo. Ma lo accetto. Silenzio sia.
Mi piacerebbe scrivervi di serate, persone, viaggi, musica, progetti. E invece non sarà così. Alla fine è luglio, e come ogni anno dovrei essere a suonare un giorno si e uno no. Dovrei avere l’ansia di riuscire a prendere l’aereo in tempo, di controllare il calendario per sapere in che città sarò, di organizzare l’unico giorno libero di una settimana per stare con le persone che amo, di fare tre lavatrici in una sola sera, di avere così tanto lavoro che non riesco a dormire dall’eccitazione.
Invece sono momentaneamente ferma, in una casa nuova, di una città nuova, sola, senza avere la minima idea di cosa succederà dopo. Un po’ come voi.

Here we go again.

Credo che questa cosa che sia successa mi abbia cambiata a fondo. Non so ancora se in bene o in male, ma sicuramente mi ha fatto affiorare cose che prima non sapevo di avere (e che forse non ho mai avuto). Sto vivendo all’opposto di come ho sempre voluto vivere. Sto vivendo una vita piuttosto ordinaria, praticamente quello che mi ha sempre terrorizzato. Questo mese posso tranquillamente definirmi una vera e propria “desperate housewife”, con tanto di bottiglia di vino pronta in frigo. Che poi, neanche riesco più a bere. Mi fa venire le palpitazioni. Decisamente brutto.
Questa quarantena, come la mia amata Malefica, mi ha fatto un regalo, mi ha portato ansia. Sì, credo che questa sia la parola giusta per riassumere a pieno il mio stato d’animo di queste ultime settimane. Mi sento una Ferrari in garage, da così tanto che, nei momenti di down, inizio a chiedermi se sono mai stata una Ferrari. Si, sono una pensatrice nata, una donna pesante come un macigno sui piedi. Profonda, prolissa, creatrice di domande esistenziali. Una tipa. Comunque, quando penso di fare le cose che ho sempre amato fare, mi scatta l’ansia. E non capisco perchè. Quando mi avvicino a quella dannata console, mi viene un forte senso di paura, le mani mi tremando e non riesco a concentrarmi. Come se avessi paura di accorgermi che posso aver perso “sprint”, motivazione, anche se in realtà non so se possa essere così. Ho paura di avere paura. Credo che sia la fobia di lasciarsi andare, che si collegherebbe tranquillamente alla paura di scoprire che fa male sapere che ci saranno poche feste quest’anno.
Mi sento un po’ inutile.
Ed ecco che scende in campo la cosa che odio di più di me, signore e signori: il giudizio del mio super IO. Quel bastardo che si nasconde sempre, ma che non smette mai di esserci. Ora come ora, trova pane per i suoi denti. Sola, vulnerabile, con l’umore abbastanza ballerino. Che c’è di meglio quando hai un piatto così ricco ?
Stare dietro alla casa non mi è mai piaciuto, ma ora, dopo mesi di vita abbastanza piatta, vedo quella cesta di panni da lavare che mi guarda minacciosa, i fornelli che mi chiedono “e mo che si mangia stasera?”, gli ultimi cartoni da svuotare che mi ammiccano. E io cerco di evitare l’evitabile. Rimando. Cosa che detesto ancora di più. Insomma, mi mette ansia tutto. Qualsiasi cosa. Questo, insieme all’ incertezza della mia vita lavorativa, mi cade addosso come una valanga nelle montagne più remote del paese scandinavo più imbucato del mondo.
E allora che faccio ? mi piango addosso? no. Solo quei due giorni a settimana. E poi mi girano le palle. Ogni giorno metto un mattoncino in più, con i miei tempi, cercando di fare cose che possono alleviarmi l’ansia. Diversivi, li chiamano. Ma c’è anche bisogno di quelli. C’è Roberta qui, e ne sono felice. Usciamo e lei mi aiuta, ridiamo e non ci pensiamo più. E poi c’è il mio psycho, a cui dovrebbero dare un premio per la pazienza che ha nell’ascoltare i miei immensi soliloqui sulla vita, sulla socità, e la mia acutissima sindrome dell’impostore. Ma lui c’è, e ogni seduta prova a convincermi a fare quel passo in più che mi terrorizza. Settimane, per quel passetto in più. E ancora non riesco a farlo. Ma sento che ci sono vicina. Lui mi sprona a inseguire le mie passioni, senza pensarci troppo, senza fare di ogni piccolo cambiamento, di ogni piccolo passo avanti per far tacere le mie ansie, la stessa montagna di prima. E’ una scalata eterna, ma sono Beatrix Kiddo, e salirò quella scalinata infinita.
Che dire, signore e signori, non è facile essere Valentina Dallari, è una montagna russa ogni giorno. Ma vi lascio con una domanda, la stessa che mi sto facendo io alle 1:17, e la stessa che si fece Jay-Z quando duettò con i Coldplay. Leggiamola pensando alle nostre paure.
“E’ meglio aver avuto e aver perso, o non aver avuto affatto?”
Quanto ruba la paura eh. Ma vi ricordo che è solo la punta dell’iceberg.
Ottimo, ho gia voglia di sentirla. Basta silenzio.
Niente da fare, alla fine la musica ritorna sempre da me.

2 Comments
  • Laura verdini
    Posted at 17:52h, 16 Luglio Rispondi

    La paura si accomoda spesso senza invito ma tu sai farla danzare di passione e la vesti di coraggio….sei inconsapevole ma SEI….e questo è tanta roba…
    Ho stima di te e dell’ombra delle tue nuvole perché mi insegnano a RIMANERE ancora .
    Io….in attesa del mio sesto intervento operatorio….a far accomodare la paura con me

  • Angela
    Posted at 15:23h, 26 Luglio Rispondi

    La tua storia(il tuo blog, il tuo libro) mi hanno aiutata ad uscire da un lunghissimo tunnel fatto di magrezza e pensieri negativi.
    Ne sto uscendo, piano piano sto imparando ad amare la vita, me stessa e il cibo.
    Grazie, grazie, GRAZIE perché mi dai coraggio, speranza e voglia di combattere.

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