MEZZA LUNA – GUILTY

MEZZA LUNA – GUILTY

Stamattina è successo qualcosa, che non avevo programmato.
Non amo l’ordinarietà, ma non amo nemmeno gli imprevisti. Come molti altri, mi capita spesso di avere la casella piena di messaggi, tutti diversi tra loro, e ammetto di aver creato il blog anche per questo. Per farvi sentire la mia vicinanza, in un modo diverso, ma pur sempre aperto, emotivo, rispetto a una semplice storia su Instagram.
Come dicevo, ricevo sempre tantissimi messaggi, e a volte non sono allegri come pensate voi. Mi capita spesso di avere a che fare con ragazze ammalate di DCA che mi chiedono consigli, che si sfogano, che mi ringraziano. Genitori anche. Sono ragazze speciali, almeno per me.
Per quanto io vi possa sembrare un colosso, una donna distaccata, in realtà non lo sono per niente. La mia emotività mi ha sempre sopraffatta, e spesso mi ritrovo a tenerla a bada, a cuccia, per evitare di tornare nel pieno occhio del ciclone. Si dice così?
Mi è capitato spesso di leggerne alcuni e di ripiombare io stessa in una spirale di flashback, che a volte non voglio ricordare. Mi sono trovata più volte a un bivio, senza sapere che strada avrei dovuto prendere. Da un lato, aiutare qualcuno che aveva bisogno, dall’altro aiutare me stessa. Non avete idea di quanti sensi di colpa ho avuto, quando avrei voluto essere d’aiuto e presente per tutte quelle ragazze che mi hanno contattato, e credetemi, sono un numero spropositante.

Stamattina mi sono svegliata alle 10. Avevo bisogno di riposare. Alla fine sono una notturna anch’io. Sono andata subito alla macchinetta del caffè, rito mattiniero che esiste da anni, e ho preso in mano il telefono. Ho aperto la casella e ho letto un messaggio di un ragazzo. Un ragazzo preoccupato. Mi parlava della sua ragazza, che è ammalata di DCA. Ne ricevo tanti di messaggi così, ma non sempre me la sento di rispondere. Ogni messaggio del genere è una spinta nei vecchi ricordi, e ci sono certi momenti che, come dicevo, non voglio rispolverare.
Ci ho messo molto per togliermi quel senso di colpa che mi perseguitava, per non aver risposto, per non averlo aperto, per non sapere cosa fare. “Non mi sono mai piaciuta” è nato anche per questo. Per dare una risposta a tutti, per tendervi la mia mano, per darvi un abbraccio e una carezza sulla testa.
Stamattina però, sono stata immobile davanti a quel messaggio. Per circa 5 minuti. Non sapevo cosa fare. Se aprirlo, se rispondere, ma non per chissà per quale assurdo motivo, ma perché stavo riflettendo se me la sentivo di farlo. Ci ho pensato, finché non ho cliccato su accetta. Mi sono detta “ora è passato del tempo, ora ce la fai”.
Ho risposto.
Non saprei esattamente come descrivere questa conversazione. Da un lato c’ero io, pronta con i miei consigli, ovvero quello di rivolgersi a enti competenti e qualche frase di conforto, dall’altro, un cuore infranto. Un uomo distrutto e preoccupato, un uomo stanco di una situazione che ricordo molto bene.
A un certo punto, la mia risposta non è bastata. Forse. Mi ha chiesto ancora di più, ha provato a mettermi in contato diretto con lei, insistendo e mi sono spaventata. Non ho più tenuto a freno la mia emozione. Negativa, ovviamente. Non potevo prendermela con lui, e tutt’ora non gliene faccio assolutamente una colpa, conosco il senso d’impotenza che si prova quando si ha una persona cara affetta di queste malattie orrende. E’ come una lancia nel cuore. E lui l’aveva.

Ero seduta in giardino, con il caffè in mano, e le cuffiette. Stavo ascoltando un pezzo dei Motion City Soundtrack. “Everything is alright” continuavano a ripetere. Ricevevo i suoi messaggi senza sosta, le chitarre suonavano all’impazzata, e la mia testa ha pensato bene di darmi lo schiaffo finale.

I ricordi mi hanno travolto. E sono affogata. Ho ripercorso un momento ben preciso della mia vita. In 1 minuto, immagini su immagini mi hanno completamente oscurato la mia mente. Le chitarre erano sempre più forti nelle orecchie, e il mio telefono continuava a vibrare. La mia testa andava per conto suo. Ed eccoli qui, i ricordi.
Io che non riuscivo più a camminare, io che accusava gli altri di essere malati, io che andavo al pronto soccorso, io che contavo, io che facevo i test per il ricovero, io che mentivo ai dottori, io che venivo portata in giro da mia sorella, io che mi sentivo stanca, stanca, stanca. Ognuno era come uno spruzzo di nero nel giallo della mia testa. Finché il nero non ho iniziato a vederlo. ll telefono è scomparso, il giardino pure. La vista si è annebbiata. I Motion continuavano a urlare nelle mie orecchie, e una sensazione di inquietudine mi ha completamente travolto. Ho provato ad alzarmi ma non credo di aver fatto in tempo.

Poi, il buio.

Sono a occhi chiusi. Su un pavimento duro. Sento i miei stessi lamenti, ma non riesco ad aprire gli occhi. C’è silenzio. Non capisco cosa succede, ne dove sono. Non capisco e basta.
Sento le ginocchia che mi fanno male, e anche la testa. Dopo diversi tentativi, apro gli occhi. Vedo tutto capovolto. Mi spavento. Mi guardo attorno e capisco di essere sdraiata per terra. Mi giro con lentezza e mi rendo conto di essere nel mio giardino. Non capisco cosa sia successo e perché sono qui. Non capisco che ora sia e non capisco se ho dormito qui. Il cancello è aperto, e penso di essere stata derubata. Raccolgo le forze e mi alzo. La testa mi fa male. Vado allo specchio e vedo il sangue dei piercing che mi cola sul viso. Devo averli sfregati cadendo. Sono svenuta. Mi ripeto. Non so per quanto, non so come, ma so perchè.
Prendo il telefono e chiamo Roberta, e poi Marco. Mi faccio aiutare, anche se non è nel mio stile.

Sarebbe stato bello concludere questo articolo con le mie solite e famosissime frasi ad effetto. Ma questa volta, non saprei quale usare.
Ma guardandomi allo specchio, con quel regolo di sangue sulla bocca mi sono detta una cosa:
Non sono wonder woman. Non sono una macchina. Non ho sempre il turbo.
Ci sono certe cose a cui non si è mai pronti davvero, e stamattina l’ho capito anch’io. Il corpo non è una macchina, ma nemmeno la mente. “Ci sono linee che non si possono oltrepassare, certe linee sono solo tue” come mi disse Serena, il giorno dell’uscita del mio libro.
Oggi ho capito questo.
Tutelarsi.
Non per cattiveria, non per egoismo, ma per pura sopravvivenza.
Tutelarsi per proteggersi.
Darsi del tempo.
Volersi bene.
Proteggersi.

Ah e comunque sto bene 🙂

6 Comments
  • Vane
    Posted at 20:28h, 07 Agosto Rispondi

    💕

  • Benedetta Bi
    Posted at 21:05h, 07 Agosto Rispondi

    Ciao Valentina. Di norma non scrivo mai ad una persona famosa, non per vergogna, ma per semplice questione di privacy e per non sembrare invadente, ma stavolta voglio farlo, perché credo che ne valga davvero la pena. Purtroppo non ho ancora letto il tuo libro, ma non mancherà occasione di farlo. Ad essere sincera fino a poco tempo fa, ti seguivo sui social ma non in maniera continua. Ti consideravo come ogni altro personaggio pubblico che postava momenti e momenti della sua vita per i propri followers, invece poi con il tempo, sfogliando le foto del tuo profilo, guardando le tue stories, il tuo modo i fare,dopotutto ho iniziato a vederti in maniera totalmente diversa. A volte, per sentirsi a proprio agio, ci facciamo sopraffare da ciò che vorrebbero vedere gli altri, senza però pensare di rendere infelici noi stessi, uccidendoci piano piano, senza neanche accorgercene, ma fino a che non capiamo di essere al capolinea e di dover finalmente fare spazio a noi stessi per far star bene gli altri e tu…ci sei riuscita!Mi piace il tuo spirito frizzante, sarcastico ed emotivo che spesso affiora e mostra una persona così umana e affascinante. È tutto particolare il tuo mondo, le tue idee, il tuo look “total black” e riesci a mostrare il tutto in maniera semplice e veloce… con questo lungo messaggio voglio solo dirti che sebbene tu abbia vissuto un brutto periodo e ne sei ben uscita vincente, credo che sia normale sentirsi ancora un po’ deboli e spaventati davanti a ciò, ma comunque vada, resta così, perché servono persone così e non per un follower, ma per una persona come me e per molte altre!! Un bacio 💋 ~Nené

  • Denise
    Posted at 23:43h, 07 Agosto Rispondi

    Ho vissuto esattamente la stessa identica situazione. Non sono svenuta ma ricordo bene l’attacco di panico, l’ansia, la compressione toracica, la nausea di discorsi che sono sempre gli stessi, così come i gesti, le azioni che si fanno, le bugie che si dicono; l’unica cosa che cambia è la storia sullo sfondo. E anche su quella avrei dubbi. Tra i protagonisti, guarda caso, c’è sempre uno dei due genitori, o entrambi.

    Ne ho parlato anch’io con la mia psicologa. Le ho spiegato che ero entrata in un gruppo telegram creato con lo scopo di parlare di fitness, di vita sana, di accettersi, sostegno reciproco tra i partecipanti, insomma.
    Ho scoperto, dopo due giorni di presenza, che invece era un covo zeppo di ragazze aventi un dca.

    Ho sentito la necessità di uscire.
    Non sono scappata.
    Mi sono tutelata.

    Ci ho messo 8 anni a raccattare i cocci da per terra e a rimetterli insieme nel miglior modo che potessi, e ciò è tutto dire.
    Non posso permettermi di distruggere ciò che a fatica ho rimesso insieme. No, non posso proprio permettermelo.
    Soprattutto quando vado a sbattere con un altro dei miei grandi limiti : l’accettazione dell’impotenza.
    Confrontarmi con chi è nel pieno del dca, come lo ero anch’io, significa avere davanti qualcuno che non vuol sentire ragioni, non ne è capace, non ha gli strumenti.
    L’unica cosa che io possa fare, conscia della mia esperienza, è indicare il percorso psicologico e psichiatrico come l’unica strada possibile. Nient’altro.
    Occorre un aiuto professionale.
    E quando vedo dinnanzi a me la negazione della volontà di accettare quest’ultimo non posso fare altro che abbandonare.

    Se da una parte l’idea di abbandonare è un mio limite, dall’altra so che non ho scelta se mi voglio fare del bene.

    Proteggiti Vale.
    Chi purtroppo ha un problema, come per ogni dipendenza, perché il dca alla fine lo è, deve voler guarire e lo deve volere da sé.
    Come mi dice sempre la mia psicologa, “non si può provvedere agli altri, non si può soffrire per gli altri, non si può evitare il dolore agli altri, cara Denise, quello è delirio di onnipotenza e anche questo è un disturbo sul quale dobbiamo lavorare”.

    Un abbraccio
    Denise

  • Maria Angelica Montis
    Posted at 13:44h, 08 Agosto Rispondi

    ❤️

  • Sara Cova
    Posted at 18:03h, 08 Agosto Rispondi

    Ciao Valentina, mi chiamo Sara e sono stata malata di anoressia per molti anni, da quando avevo circa 20 fino circa ai 2.7, Ti posso dire che ora sono sposata, ho un bambino meraviglioso che ha 8 anni e mezzo, un marito che adoro, ma il percorso non è stato x nulla semplice!! Dentro e fuori dagli ospedali, psicoterapia, ecc, insomma tutto ciò che tu conosci molto bene!! Ma non finisce qui!! La mia emotività ed il voler arrivare sempre dappertutto in modo impeccabile mi ha portata ad un esaurimento emotivo, iniziato dal lavoro e poi trasceso a tutto, stress x la gestione del figlio, casa, lavoro, ecc. le solite cose x cui noi donne ci facciamo le menate!!! Anche qui cure con farmaci e psicoterapia, che continuo tuttora, la mia mente nn mi molla, mi sono dovuta rimettere in gioco, con la consapevolezza che avevo un figlio a cui non dar da capire il mio disagio ed un marito che se pur stupendo, non riusciva a comprendere la mia emotività e ciò che mi stava accadendo, essendo lui molto razionale. Soffro anch io di attacchi d ansia che si trasformano in panico, anche x sciocchezze e svengo!! Non sto a dilungarmi molto, in sintesi, se hai bisogno sono un ‘ottima ascoltatrice, anche nei momenti bui, ci sono. Non mi interessa che tu sia un personaggio pubblico, io guardo la sostanza di una persona e le comuni difficoltà che la vita ci pone. Ora ti saluto, se vuoi puoi scrivermi in priv su fb, un grande abbraccio, Sara Cova

  • Marialuisa
    Posted at 00:57h, 09 Agosto Rispondi

    I ricordi sono come macigni..
    Mi è capitato qualche sera fa di ricordare quello che è stato il periodo più difficile della mia vita.. il POSTPARTUM, non ho sofferto di depressione ma di DCA.
    Mangiavo molto poco e avevo sempre la nausea, vomitavo..è durato un annetto
    Ho dovuto far passare tutto velocemente perché ero una mamma, non potevo perdermi in tutto ciò..
    Infatti per non lasciare mio figlio mi sentivo male tutte le notti, mentre lui dormiva..
    Tornando al ricordo.. qualche sera fa parlavo di questo periodo con il mio compagno.. di quello che avevo passato e lui insieme a me.. parlavamo di un episodio in particolare.. purtroppo il solo parlarne ha generato malessere in me, e sono andata a dormire con un magone nello stomaco che nel cuore della notte mi ha risvegliata come quando stavo male.. ovviamente me lo sono fatto passare con un po’ di tisana ma il ricordo mi ha sconvolto tuttora che sto bene

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