LUNA CALANTE – Welcome To The Nocturne City

LUNA CALANTE – Welcome To The Nocturne City

Viaggiare mi piace, me ne rendo conto dalla quantità di musica che ascolto ogni giorno. Sono stata ovunque, dal centro del mondo ai suoi angoli più bui. Accendo poi salto giù e, mentre lo faccio, divento un fumetto, ovviamente. In fin dei conti mi ha sempre attirato l’idea di fuggire, sin da quando ero bambina. Avrei voluto essere Alice, e poi, quando diventai più grande, Coraline. Scappare mi rende viva. Galleggio nei miei pensieri, attraverso galassie diverse così tanto spesso da dimenticarmi, a volte, quale sia il mio pianeta originario (se mai ne ho avuto uno). Non mi piace sempre dove mi dirigo, ma in fondo fa parte del gioco. Mi piace quello che provo mentre lo faccio, quello si. Imparo tantissime cose, su di me e sugli altri. Nuoto in uno spazio indefinito, così grande da potermici perdere. Faccio qualche bracciata e poi, quando mi va, qualche piroetta su me stessa. Chiudo gli occhi, a volte. Non ho paura, non più.
La musica è sempre stata la chiave per aprire la mia porta magica, la stessa porta da usare nei casi d’emergenza, quando la realtà inizia a starmi stretta.
E allora scappo in un mondo diverso, un mondo creato su misura per me, dove sono al sicuro, dove posso sentirmi libera di pensare quello che mi pare, dove posso parlarmi e ascoltarmi, dove sono tanto, tanto lontana. Ogni volta che vado ne costruisco un pezzo. Ogni volta che vado, scopro cose che non avevo visto, o che mi erano sfuggite. Arredo la mia casa dalle pareti invisibili, ci volteggio dentro. Qui non ho paura di essere invasa. Nessuno conosce questo posto, tranne me. E oggi.. si, oggi sono stata la. Ne avevo voglia.

* * *

Il tuffo è la mia parte preferita. Il cambio. L’urto. Metto su “Playground Love” e mi stringo forte il naso. Apro la porta nera e mi butto giù. Scivolo per diversi chilometri, vengo inghiottita per essere successivamente sputata in un cielo nero pieno di stelle. C’è anche cagnino, siamo sospesi come due astronauti. Si avvicina a me e iniziamo a nuotare insieme. Vorrei essere capace di descrivervi dettagliatamente quello che posso vedere, ma non ne sono capace. Nuoto verso un insieme pianeti colorati e non posso fare a meno di notare la bellezza della striscia cromatica che mi si apre davanti agli occhi. La mia curiosità, come sempre, ha la meglio. Più mi avvicino più inizio a realizzare a cosa sto andando incontro. “Come sarebbe stato se”. “What ifs”.
Ogni tanto lo faccio, mi metto a sbirciare ma poi scappo sempre via.
Buffo, questa mattina il mio oroscopo personalizzato mi diceva di evitare gli “e se”. Mi butto il pensiero alle spalle, sentendomi ancora più in dovere di farlo. Non mi piacciono le regole.
E allora, con un colpo deciso di gamba, mi do la spinta necessaria per continuare a galleggiare tra le mie ipotetiche vite parallele, tanto differenti quanto simili. “It’s showtime, cagnino”,
Passo accanto a un pianeta di color verde acceso, mi avvicino piano e riesco a vedermi. Sono una madre, abito in una bella casa di legno bianca e credo di avere una bella famiglia. “Non mi piace”, penso, e mentre cerco il modo di andarmene via, qualcosa riesce tenermi ancorata li. Mi guardo da fuori, in fish-eye, mentre curo il mio roseto, nel mio perfetto prato, mentre indosso un cappello bianco e un paio di jeans, nell’attesa che rientrino i miei famigliari. C’è un cane che corre in giardino, presumo che sia mio. Mi volto e guardo cagnino, che decide di abbaiarmi. “Protezione”. E’ la prima parola che mi viene in mente, quindi decido che questo pianeta si chiamerà così. Non riesco a capire se sono felice o no, ma penso subito a mamma. Mi fa strano vedermi vestita così, in una casa così. Insomma, mi fa tutto strano. Non voglio più vedere quello che succederà dopo, ma non riesco a capire il perché. E’ come sapessi già. Non voglio vedere la mia ipotetica famiglia. Mi volto bruscamente e, con due bracciate, continuo a nuotare tra le stelle, le stesse che mi continuano a cantarmi “I’m a high school lover/and you’re my favorite flavour”.

Sulla mia sinistra, accanto a Protezione, c’è un pianeta di colore viola. E’ scuro, e mi ricorda tantissimo quel completo t shirt e pantaloni che indossavo quando ero bambina. Mi piaceva il viola, è stato il mio colore preferito per tanto tempo. Decido di avvicinarmi e di sbirciare un po’. Ci sono sempre io, in uno studio di registrazione. Non so perché ma sono bionda. Sono vestita con un abito corto nero e sto cantando, mentre tengo un basso elettrico in mano. Sembro felice, e so che lo sono. Ma decido di non voler saperne di più. Sento una sorta di fastidio nascermi sulla bocca dello stomaco. Mi sto per mettere a piangere, quindi decido di girarmi anche stavolta. “Coraggio”. Lo chiamerò così.

Decido di andarmene, e anche il mio cervello segue lo stesso itinerario. Di punto in bianco la donna del roseto scompare, per lasciare il posto alla rockstar bionda. Non mi dispiace per niente. Continuo a galleggiare e mi accorgo che, allontanandomi dalla porta illuminata, lo sfondo inizia a essere sempre più scuro e, di conseguenza, le stelle più luminose.
Vengo accecata da un pianeta color giallo arancione. Mi ricorda tanto la copertina di un album dei Coldplay. Questa volta non ho timore, ma sono solo curiosa. Mi avvicino e riesco a trovarmi subito. Non sono in Italia, ma non saprei capire dove sono esattamente. Ah si, sono in un museo. Mi osservo mentre parlo ad un grande gruppo di persone, mentre spiego uno dei miei dipinti preferiti, “La Liberté guidant le peouple” , di Delacroix. Sono al Louvre? Sono al Louvre! Sorrido, mi ricordo di quando volevo studiare per fare quel lavoro. Sembro felice, e ho una frangetta bellissima. Se solo avessi proseguito i miei studi….
“Sicurezza”. Si, sicurezza. Ma ora devo andare, inizio a sentirmi a disagio.
Mi giro e riprendo a nuotare nel nero, incantata dall’imponente vastità dello spazio in cui mi trovo, completamente sospesa, nel bel mezzo di una galassia mozzafiato.

C’è ancora un pianeta, ed è blu scuro. Così scuro che rischio di perdermelo. Si confonde con lo sfondo, camuffandosi. Mi avvicino decisa e mi vedo in questo loft, nella stessa posizione in cui sono ora. Sto scrivendo, battendo su una macchina da scrivere, appoggiata su un tavolo di legno antico, mentre un giradischi canta “You’re the piece of gold/That flashes on my soul”. Porto degli occhiali scuri, un maglione antracite e ho i capelli corti mossi. Mi vedo dall’alto, e non riesco a capire come posso sentirmi. Sono letteralmente circondata da cascate di libri. Sono felice ? Scrivo davanti a una finestra aperta, la luce che entra illumina tutta la scrivania. Sento una sensazione di autorità e di calma. “Determinazione”, non riesco a pensare ad altro.
Mi volto e continuo a galleggiare. Continuo ad avanzare, senza rendermi conto che più mi allontano, più la luce inizia ad affievolirsi. Sono nel buio stellato, ma non riesco a fermarmi.
Mentre nuoto mi rendo conto che in realtà mi sento esattamente come da bambina. Non mi sento persa, ma non so neanche in che direzione mi sto dirigendo. Sono un ammasso di cose mutevoli, che cambiano continuamente forma. Sono fatta così. Avanzo e osservo, spio, ma poi me ne vado sempre. Assisto. “Io non so cosa voglio essere”, mi martella dentro alla stessa velocità della batteria degli Air, mentre continuo a nuotare nel buio più profondo, dirigendomi verso il nulla.
Di colpo, la musica cambia. “Welcome to Nocturne City” suona e io mi sento in una puntata di Aeon Flux. Mi sento un’eroina nello spazio, come la copertina di questo articolo. Cavalco la synthwave, ma sulle mie scarpe grandi. Passato il pianeta Blu non c’è più nulla. Afferro cagnino, lo tengo sotto braccio e inizio ad accelerare.
“Fino a qui tutto bene”.

Si, è più facile fermarsi. Un senso di colpa mi cresce dentro e inizia ad aumentare sempre di più, finché non raggiunge il cuore. Ho paura, paura di perdere tempo. In fin dei conti sono già grande e non so cosa voglio essere, so chi sono ma non cosa sono. Ho paura di invecchiare e di perdermi tutto quello che devo ancora vedere. Avevo altri progetti quand’ero bambina, pensavo che a 27 anni avrei avuto molte più risposte. Io sono tante cose, ma non riesco a sceglierne nessuna. Vorrei essere tutto, ma nello stesso momento. E quando devo scegliere quella dalla quale iniziare, rimango ferma. Ho paura di piantare le radici.
“Sono un’ inconcludente”, mi ripeto.
Non ho mai capito che cosa mi spingesse ad amare la vita al limite, non ho mai capito perché, nonostante la sofferenza interiore, cercassi sempre l’ignoto, il rischio, il buio. E’ la sola cosa che mi rende viva, e , come dice il mio terapista, l’unica cosa che riesce a farmi agire. Il fiato sul collo riesce a farmi scegliere, l’adrenalina che mi scorre nelle vene è la stessa che mi permette di sentirmi adeguata. In fin dei conti, mi sono sempre definita una depressa, un’infelice, una persona che non ha mai trovato il suo spazio e che probabilmente mai lo farà. Per averlo, lo devo costruire su misura. Ho perso tanto tempo per rimettere tutto a posto, e ora mi trovo di nuovo all’inizio. Ma con 7 anni di più. Non so dove devo andare, non so cosa devo fare. Crescendo ho imparato a leggere questo segnale da un punto di vista più positivo, per renderlo meno ansioso. “Amo troppo vivere”, amo così tanto vivere da non riuscire a concentrarmi su una cosa sola, perché mi sentirei limitata. Il mondo ha troppe cose interessanti per sceglierne solamente una.
E allora vivo nel mio caos disordinato, mentre cerco di sistemare il mobilio che porto ogni volta che vengo qui, che comunque, una volta assemblato, fluttuerà nell’aria, ma pur sempre nel mio raggio visivo. Continuo a sbattere contro i miei “What ifs”, con la paura di aver sbagliato qualcosa. Ora è tardi, indietro non si può più tornare.
Non voglio più fare come Aeon Flux.
Si, ma io sono così.
Non voglio morire ogni volta.
Sì, ma io muoio ogni volta.
Forse non voglio crescere… non l’ho mai voluto.
Essere se stessi non è così facile.
“Il mio nemico è sempre lui… il tempo”, dico ad alta voce.
Appena pronuncio la frase, il mio spazio inizia a tremare. Alzo la testa e sento come il tintinnio di cento bicchieri di cristallo durante un terremoto.
“DRIN DRIN DRIN DRIN DRIN DRIN!!!!!!!”
Di colpo Perturbator smette di suonare e io vengo risucchiata dalla mia porta.
Perdo il controllo e inizio a volteggiare a testa all’ingiù. Continuo ad avanzare disordinatamente verso la luce accecante, finché non vengo del tutto aspirata.
Apro gli occhi e vedo Cagnino che mi guarda, mentre realizzo che attorno a me ci sono solo case grigie. E’giorno, e sono sul marciapiede accanto a casa.
Accetto la chiamata.
“Pronto? si sono io”.

2 Comments
  • Valentina Falsetta
    Posted at 19:10h, 05 Febbraio Rispondi

    Sarà il nome che ci accomuna…(scherzo). Ma hai descritto ciò che penso da parecchi giorni. Le mille me in competizione fra di loro ed io che non so quale scegliere. E rimango ferma, con la paura del tempo. Sono una giurista? Una scrittrice? Voglio continuare a scrivere sul mio sito o dedicarmi alla raccolta di poesie? Ferma.
    Un abbraccio

  • Anna
    Posted at 01:07h, 16 Febbraio Rispondi

    “attraverso galassie diverse così tanto spesso da dimenticarmi, a volte, quale sia il mio pianeta originario”.
    Grazie💜
    E sì, hai ragione, la copertina è davvero stupenda!

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